L’Open Day GIST è un evento per diffondere maggiore conoscenza della patologia e aggiornare i pazienti, ma è anche occasione per incontrare vecchi e nuovi amici, condividere storie ed esperienze personali e acquisire più consapevolezza per proseguire nel percorso terapeutico iniziato.
Così è stato a Firenze il 17 dicembre, sin dalla sera precedente il convegno, che ha visto riuniti a cena un nutrito gruppo di soci ed amici.Non sono mancate poi le informazioni altamente qualificate. Nelle patologie ad elevata competenza multidisciplinare e multi professionale è necessaria un’organizzazione complessa, basata su un network di collaborazioni con esperti di diverse discipline, come ha illustrato la dott. Silvia Gasperoni, Oncologia AOUC FI. Il percorso di Rete a livello regionale ln Toscana si è strutturato nel 2013 e vede oggi implementato il lavoro di network.
Si è sentito spesso parlare della necessità di condivisione/collaborazione tra medici e pazienti/familiari, ma sentire dalle parole della dott.ssa Gasperoni come questo diventi realtà effettuale all’interno dell’AO Careggi di Firenze è altra cosa.
Il progetto di empowerment, termine inglese con cui si indica la conquista della consapevolezza di sé e del controllo delle proprie scelte, è nato al Careggi dall’esigenza manifestata dai malati di essere sempre più consapevoli delle scelte che vengono operate sulla propria persona, dalla volontà di ascolto dei medici delle problematiche legate al singolo individuo e non solo alla malattia, dalla volontà di cambiare il modo di fare medicina e portarla ad un livello più umano e vicino alle persone colpite dal tumore e ai familiari che vivono l’esperienza di malattia. Il progetto consiste nell’istituzione di‘Gruppi di pari’ composti di pazienti e caregivers accomunati dall’esperienza di malattia con GIST che si riuniscono mensilmente con la guida di uno psicologo ed in presenza dell’oncologo di riferimento.
Il progetto affonda le radici in una medicina personalizzata, che non è basata solo sulle caratteristiche genetiche/molecolari del singolo paziente, ma anche sugli aspetti psicologici e cognitivi implicati nelle decisioni terapeutiche condivise. La relazione, la comunicazione ed il supporto psicologico per il paziente e la famiglia sono parte integrante dell’approccio di condivisione della diagnosi e delle scelte terapeutiche. L’empowerment è allora un processo di crescita del paziente, basato sull’incremento della stima di sé, dell’autodeterminazione per far emergere risorse latenti e portare l’individuo ad appropriarsi consapevolmente del suo potenziale. Il paziente da agente passivo diventa soggetto attivo. Per raggiungere tutto ciò è necessaria la formazione (materiale scritto e multimediale per pazienti e famiglie, incontri informativi con specialisti, un centro di ascolto psicologico di supporto per i pazienti, la reperibilità telefonica per la gestione sintomatologica).
Sappiamo quanto sia difficile vivere con un tumore raro e non mancano certo le criticità, come ha sottolineato la Dott. Gasperoni – impossibilità del malato di esercitare pienamente i propri diritti, conflitti a volte tra sanitari di diverse specialità, carenza di modelli di riferimento culturali e strumenti operativi. E’ possibile però superare queste criticità coniugando medicina ed etica della persona, scegliendo sempre la soluzione che si avvicina al migliore interesse del singolo malato.
L’obbligo deontologico del medico e quello individuale dell’equipe che comprende il paziente; affiancare i familiari per valutarne la capacità di interazione e il grado di consapevolezza della malattia; ricevere informazioni dai familiari e assicurare che il proprio familiare non soffra o soffra il meno possibile; comunicare con veridicità, coerenza e gradualità; dare informazioni e ottenere feedback continui e dimostrare partecipazione, anche fisica, sono fattori che guidano pazienti e familiari in questo processo di crescita e controllo delle proprie scelte in tutto il percorso terapeutico.
Si è parlato anche di immunoterapia il 17 dicembre a Firenze.
Il Dott. Riccardo Danielli, AOU Senese, Immunoterapia Oncologica, ha presentato lo stato dell’arte della immunoterapia, nuova frontiera nella cura dei tumori con nuove possibilità di trattamento oltre la chirurgia, la chemioterapia e la radioterapia.
La immunoterapia dal 2013 è riconosciuta come trattamento per i tumori. Il sistema immunitario dell’organismo umano serve a difenderci dalle infezioni, a prevenire e distruggere agenti infettivi; dal punto di vista scientifico due sono le modalità di difesa,l’immunità innata e l’immunità adattativa.
La prima è quella che ci difende subito dalle infezioni; successivamente si mette in moto un meccanismo, che ha importanza nei tumori, ed è l’immunità adattativa; protagonisti di questa risposta immunitaria sono i linfociti. Il processo di risposta antitumorale del sistema immunitario è complesso ma, in realtà, semplice nel concetto e consta di tre fasi: 1 eliminazione (il sistema immunitario riconosce il tumore e lo distrugge); 2 equilibrio(sistema immunitario e tumore si trovano in equilibrio; anche se il tumore ha già messo in atto un meccanismo per cui alcune cellule sfuggono alla distruzione; l’organismo non soffre in questa fase e la situazione è più o meno stabile); 3 fuga (escape) (il tumore mette in atto meccanismi per cui si nasconde alla risposta immunitaria del soggetto, prolifera di più e il sistema immunitario non lo riconosce). Questa terza fase è importante, perché molte delle cure di immunoterapia sul cancro che oggi si fanno si basano sulla possibilità di controllare quest’ultima fase. Con l’uso di farmaci specifici si cerca di far sì che il sistema immunitario riconosca il tumore per indurre una risposta immunitaria.
La immunoterapia agisce in modo diverso rispetto alla chemioterapia e alla target terapia. Queste ultime agiscono subito, dopo pochi giorni, molti immunoterapici, non tutti, agiscono molto lentamente. E’ necessario, quindi, che il paziente sappia che alla prima valutazione è possibile che il quadro TAC non sia migliorato rispetto all’inizio, ma questo non vuol dire che il farmaco non funzioni. Ci sono le Linee Guida per la valutazione corretta della Immunoterapia nei tumori solidi, con i criteri di risposta immuno-correlati.
La immunoterapia è molto ben tollerata, ma ci possono essere effetti collaterali che nel 98% dei casi sono tutti reversibili, se ben curati (rash, prurito, tossicità del fegato, diarrea, colite, ipofisite), vanno però monitorati.
Se nel 2013 la immunoterapia si applicava al melanoma, oggi la si applica in più tumori solidi e ci sono sperimentazioni anche nei tumori rari, tra i quali il GIST.
Oltre a sperimentare farmaci immunoterapici, c’è interesse da parte di alcuni gruppi di ricercatori a studiare quale sia la risposta immunitaria e a capire se i farmaci target, che oggi vengono utilizzati, possano indurre, in qualche modo, una risposta immunitaria. Sono già attivi studi clinici nei GIST, e la nuova frontiera della immunoterapia non è più somministrare solo farmaci immunoterapici, ma combinare più approcci, associando gli immunoterapici alla chemioterapia a basse dosi, perché alcuni di questi farmaci, dati a basse dosi, hanno il potere di rendere il tumore più visibile al sistema immune. Oggi si parla di combinazione di immunoterapia con chemioterapia e di immunoterapia con target terapia, come per esempio nei GIST.
Il Dott. Danielli ha offerto una panoramica degli studi di ricerca in corso illustrando nei dettagli i meccanismi di azione dei farmaci in sperimentazione, anche in combinazione.
Ha segnalato il portale ImmunoOncologia.org che offre informazioni sulla immunoncologia sulle sperimentazioni che sono in corso presso il centro senese e dove oltre alla sezione dedicata ai medici ce n’è una dedicata al paziente.